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Tutto sul capitale circolante
Due volti della stessa medaglia: il capitale circolante può essere definito anche con l’inglesismo working capital: del resto la disciplina economica è prevalentemente di matrice anglosassone. Si tratta di un indicatore chiave dello stato patrimoniale aziendale che ogni imprenditore è tenuto a monitorare nel breve termine insieme alle altre dinamiche che si evincono dall’analisi di bilancio.
Nei paragrafi successivi definiremo analiticamente il working capital, le sue finalità operative e le varie tipologie previste in materia economica: CCNO (ossia capitale circolante netto operativo), capitale circolante netto positivo e negativo, capitale circolante lordo e commerciale.
Per altri argomenti nevralgici della finanza aziendale si rimanda invece agli approfondimenti sul ROI, sul punto di pareggio e sulla procedura di autofinanziamento.
Sommario
Cosa si intende per capitale circolante?
Sul piano economico e contabile, il capitale circolante (o working capital) rappresenta la differenza algebrica tra attività correnti (contanti, fatture riscosse e da riscuotere) e passività correnti (generalmente debiti) purché queste ultime non siano di tipo finanziario, relative al core business e necessariamente di natura monetaria.
Il capitale circolante misura quindi la liquidità dell’impresa sul piano dell’efficienza operativa e della salute finanziaria. Riguarda le componenti dello stato patrimoniale a breve termine, ossia le fonti e gli impieghi che si rinnovano durante l’esercizio. Per quanto possa sembrare superfluo, è bene sottolineare ancora una volta che si tratta di una dimensione patrimoniale a breve termine.
A cosa serve il capitale circolante?
Il capitale circolante è un indicatore chiave che serve a misurare tre capacità dell’impresa: 1) generare cassa attraverso le attività operative (principalmente tramite le vendite); 2) rimborsare i debiti a breve termine; 3) investire nella crescita aziendale futura.
La disponibilità di capitale circolante è indicativa della salute finanziaria dell’azienda e orienta l’impresa nel breve periodo: è fondamentale per capire se la stessa è in grado di onorare i propri debiti a breve con la liquidità corrente. Non basta vantare crediti futuri, ancora inesigibili, che non hanno ancora generato un flusso di cassa. Occorre, appunto, liquidità corrente.
Come si calcola il capitale circolante?
Il calcolo del capitale circolante (CC) si ottiene sottraendo dalle attività correnti le passività correnti. La formula prevede che:
- Capitale circolante = attività correnti - passività correnti
- CC = AC - PC
Non resta quindi che classificare correttamente le due tipologie di grandezze economiche. Nelle attività correnti rientrano: contanti, crediti, inventario e attività da liquidare o trasformare in contanti entro 12 mesi; nelle passività correnti rientrano: debiti verso fornitori, stipendi, imposte, parte del debito corrente a lungo termine esigibile entro 12 mesi.
Tipologie di capitale circolante
In base alle attività e alle passività correnti che lo caratterizzano, il capitale circolante assume definizioni differenti e caratteristiche aziendali specifiche. Esistono pertanto almeno cinque forme di working capital.
(CCNO) Capitale circolante netto operativo
Il CCNO, ossia il capitale circolante netto operativo prende in considerazione esclusivamente la gestione caratteristica dell’impresa, per cui il calcolo non contempla la sottrazione algebrica dei debiti verso le banche a breve termine.
In virtù della gestione caratteristica appena menzionata, la formula del capitale circolante netto operativo è la seguente:
- CCNO = (Liquidità immediate + liquidità differite + rimanenze) - debiti a breve non finanziari
Capitale circolante netto positivo
Il capitale circolante netto positivo presuppone che l’azienda sia in grado di finanziare le proprie operazioni correnti e di investire in attività future. In alcuni casi, un indice costantemente positivo nel corso del tempo potrebbe indicare che l’azienda abbia troppe scorte e che la stessa non stia investendo sufficientemente la propria liquidità. Quanto maggiori sono gli investimenti realizzati per espandere il mercato o la produzione, minore diventa il circolante netto.
Capitale circolante netto negativo
Si ottiene un capitale circolante netto negativo (CCNN) quando le passività correnti sono maggiori delle attività correnti. Il valore algebrico è semplicemente negativo e inferiore all’unità. Si tratta di una evidente tensione finanziaria dell’azienda. La causa più frequente riguarda la difficoltà di incassare i crediti dalla controparte.
Questo significa che l’impresa potrebbe non essere in grado di fronteggiare le scadenze a breve termine e, ad esempio, di rimborsare i propri creditori. Il caso estremo dell’insolvenza totale coincide con il fallimento dell’attività economica.
Un’azienda con un CCNN è obbligata ad indagare le cause per cui le attività correnti sono inferiori alle passività correnti, ossia verificare le cosiddette dinamiche dell’assorbimento di cassa. Una grossa consegna potrebbe aver subito un ritardo imprevisto oppure è possibile che sia stata registrata la svalutazione di un credito cospicuo non più esigibile.
Capitale circolante lordo (CCL)
Il capitale circolante lordo è la somma algebrica delle seguenti voci dell’attivo patrimoniale nel breve termine, ossia: liquidità immediate, liquidità differite e disponibilità. In altri termini è possibile riferirsi a Cassa/Banca (ossia disponibilità) cui si aggiungono i crediti relativi all’esercizio corrente e le rimanenze di magazzino.
Si tratta di una misura approssimativa della liquidità aziendale. Il CCL può essere importante da calcolare in quanto rappresenta l’attività rapidamente liquidabile per soddisfare i creditori.
L’aggettivo “lordo” si riferisce ad una precisa riclassificazione dello stato patrimoniale che non considera le passività a breve termine.
Capitale circolante commerciale (CCC)
Il capitale circolante commerciale esprime il fabbisogno finanziario netto generato dal ciclo operativo di un'impresa dal punto di vista commerciale e può essere riassunto dalla formula seguente:
- Capitale circolante commerciale = crediti commerciali + rimanenze di magazzino - debiti commerciali, ossia
- CCC = (CC + RM) - DC
Conclusioni
La gestione della liquidità nel breve periodo rappresenta una delle molteplici dinamiche aziendali da monitorare costantemente per valutare lo stato di salute dell’impresa: in questo caso per verificare le prestazioni finanziarie e la liquidità corrente. Per contro, è anche un indice che misura la capacità di creare valore per gli azionisti.
Attività correnti (contanti, fatture riscosse e da riscuotere) e passività correnti (generalmente debiti) giocano un ruolo fondamentale nel calcolo del capitale circolante netto (o working flow).
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Per concludere: 3 punti chiave da ricordare
- Il capitale circolante (o working capital) è un indicatore chiave dello stato patrimoniale aziendale nel breve termine e rappresenta la differenza algebrica tra attività correnti e passività correnti, purché queste ultime non siano di tipo finanziario, relative al core business e necessariamente di natura monetaria.
- Il capitale circolante misura la liquidità dell’impresa sul piano dell’efficienza operativa e della salute finanziaria. Indica la capacità di generare cassa attraverso le attività operative (vendite), l’attitudine a rimborsare i debiti a breve termine e l’abilità a investire nella crescita aziendale futura.
- In base alle attività e alle passività correnti è opportuno distinguere cinque forme di capitale circolante: netto operativo (CCNO), netto positivo, netto negativo, circolante lordo (CCL) e circolante commerciale (CCC).
Valerio Gay
Valerio Gay ha acquisito un’ampia esperienza presso Weekendesk e Qonto. Attualmente Team Lead Account Manager per l’Italia a Mooncard, supporta i clienti nell’utilizzo della soluzione e facilita l’integrazione delle note spese all’interno contabilità aziendale. Appassionato di economia, contabilità e diritto, Valerio rimane aggiornato sulle ultime tendenze di mercato e regolamentazioni.